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Ghali, I love you: “Nel nuovo album alcune collaborazioni. Il tour...” Il rapper racconta il mondo del carcere dietro al nuovo singolo 20-03-2019

A Radio Italia arriva tutto l'amore di Ghali: il cantante, in diretta anche su Radio Italia TV e in streaming su radioitalia.it, dedica al pubblico la sua “I love you”. Dietro al nuovo singolo, si nasconde una tematica sociale molto importante, che ha portato Ghali nel mondo del carcere. La canzone anticipa un nuovo tour e un nuovo album, del quale il rapper preannuncia già grandi novità...

Come mai hai scelto il “moonwalk”, il passo di Michael Jackson, per la copertina di “I love you”?
È il simbolo della danza per me. Ho scelto di fare una copertina che racchiudesse tutti gli elementi che rappresentano la canzone: la prigione, la speranza, il prosperare delle piante dal cemento della cella, la palla stroboscopica. Il passo rappresenta proprio la danza.

Ci racconti “I love you”? È una dichiarazione d'amore universale...
Lo faccio spesso nelle mie canzoni, come 'Cara Italia'. 'I love you' è un altro viaggio, una canzone che ho scritto pensando a un carcerato immaginario quest'estate. È come se fosse una lettera d'amore che riesce a collegare il mondo del carcere con quello esterno. Ci ho creato attorno anche un progetto, grazie ad attività svolte nel carcere con giovani, adulti e donne. Con loro, abbiamo parlato dell'importanza del reinserimento delle perone quando escono dal carcere.


In “Cara Italia” il messaggio era rivolto ai politici. Stavolta sei andato su persone che stanno vicino a te...
È come se quella canzone non avesse colpito in centro e non avesse funzionato. A un anno di distanza, ho deciso di riprovarci con questa, parlando direttamente a persone che dipingono, giocano a calcio o parlano di musica.

Un anno fa ci avevi raccontato che avevi intuito subito la potenzialità di “Cara Italia”. È successa la stessa cosa con “I love you”?
Sono cose completamente diverse, le sensazioni che ho provato con 'Cara Italia' non le ho provate con 'I love you'. Questa era anche l'occasione per dar vita a diversi progetti attorno alla canzone.

Hai deciso di presentarla al carcere di San Vittore, a Milano, dove hai potuto incontrare persone con difficoltà di reinserimento.
È uno degli argomenti che affrontiamo spesso e che ci stanno a cuore. Questa era la canzone più adatta per poterli trattare. C'era molta attenzione sulla mia uscita dopo un anno: volevo sfruttarla per fare qualcosa di buono e fare un 'upgrade'. Volevo spiegare la canzone a 360 gradi, utilizzando i miei canali social per spiegare le storie di tanti ragazzi che a volte non sanno con chi parlare. La comunicazione di questa uscita è servita a raccontare le loro storie. Ho già pubblicato 3 video, ora manca un'intervista con un'imprenditrice che ha un ristorante e assume ex detenuti.

Cosa ti dicono questi ragazzi quando li incontri?
È stato assurdo. La prima volta che sono entrato nel carcere potevo parlare solo con un ragazzo, Karim. Per prenderlo, siamo andati al piano in cui ci sono i detenuti: il corridoio era vuoto ed erano tutti nelle celle con la mano fuori. Appena uno ha detto 'Ghali', è successo un casino e hanno iniziato a gridare tutti. A un certo punto mi hanno allontanato, però poi ho avuto l'occasione di intervistare Karim e di conoscere 20 ragazzi. Erano tutti diversi, con una passione diversa: c'era quello forte a calcio, il nerd, il rapper o il tatuatore. Ci sono un sacco di artisti, c'è tanta vita lì dentro, anche se spesso non sembra. Il carcere di San Vittore poi fa tanto per tenerli attività.

C'è una storia che ti è rimasta particolarmente nel cuore tra quelle dei ragazzi?
Karim mi è rimasto impresso. Ha ancora un paio d'anni in carcere ma sembra che abbia veramente capito. Si vede proprio il pentimento nei suoi occhi, ha dei progetti chiari in testa. Mi ha sconvolto quando gli ho chiesto se ha amici o qualcuno che lo va a trovare, perché mi ha riposto che, a portarlo dentro, sono stati proprio i suoi amici. Ci sono tante storie particolari.

Tu invece l'hai frequentato da piccolo San Vittore per incontrare tuo papà. Cos'hai provato a tornare lì?
C'erano gli stessi colori. L'ambiente è rimasto quello, anche i poliziotti sono sempre molto gentili e disponibili, è una cosa che mi era rimasta impressa da piccolo. È rimasta grande cura verso i detenuti.

L'anno scorso hai cantato “Cara Italia” in piazza Duomo, nella tua Milano, per RADIO ITALIA LIVE  - IL CONCERTO. Com'è rivedersi? Sei autocritico?
Ero stonato di brutto! Ero senza fiato, ma è stato fantastico. Era una cosa che sognavo da tantissimo.

A proposito di live, avrai 2 appuntamenti all'estero. In Italia cosa stai organizzando?
Sarò a Francoforte e a Parigi a luglio. In Italia stiamo prerparando qualcosa in questi giorni: faremo poche date, ma le faremo!

Avrai degli ospiti? L'ultima volta eri da Jovanotti, ad Assago...
Dipende da cosa uscirà da qui all'estate. Può essere che ci siano degli ospiti.

Entro la fine dell'anno uscirà il tuo nuovo album?
Sì, uscirà quest'anno. Ci saranno collaborazioni e questa è una novità per me.

Una ragazza qui ti ha chiesto qual è la canzone a cui sei più legato.
È 'Wily Wily', perché racchiude tutte le sonorità di Ghali, con una base bellissima di Charlie Charles. Poi ci sono un arabo particolare mischiato tra diverse lingue e strofe che parlano di tutto. Si può ballare, pensare e gasarsi davanti allo specchio.

E “Habibi”?
È un'altra canzone che mi rappresenta. Ci sono i miei colori, le mie sonorità, soprattutto quelle dell'anno scorso.

Hai un rapporto meraviglioso con i giovanissimi. Hai lanciato l'hashtag “#ghaliliberatutti”, come i vecchi giochi di una volta...
Sì, arriva dal nascondino ed è un giochino nella seconda strofa di 'I love you'. Io giocavo tantissimo a nascondino, guardia e ladri...

Ti sei esibito a San Siro, per la prima volta, prima dell'ultimo derby di Milano. Com'è stato?
Bellissimo, fantastico. Io abito dietro San Siro, a volte sento anche il boato. Per ogni artista di Milano, San Siro è proprio il grandissimo sogno, lo step finale dopo il forum di Assago, l'Alcatraz e il Fabrique. Finalmente ho potuto assaggiare l'emozione di essere lì. Qualcuno mi ha fatto notare che c'erano tantissime persone ma, più gente c'è, e più io sono tranquillo.

Poi ti sei fermato a vedere la partita?
Sì. Quando ho cantato, la curva Nord degli interisti mi fischiava perché simpatizzo per il Milan: io però avevo le cuffie e dedicavo 'I love you' a tutti. A fine partita, si è capovolta la situazione. Tutti i milanisti dicevano che avevo portato sfortuna, mentre gli interisti mi rivolevano anche al prossimo derby. Però è stata una bella partita!

Ci raccontavi che adesso quindi uscirà un altro video?
Sì, ho anticipato il videoclip su YouTube con questi 3 'short video' registrati nel carcere di San Vittore. Questa settimana chiuderò il cerchio.

Tu curi molto i testi, è una cosa molto positiva.
Cerco di non ripetermi mai, sperimento tantissimo e rischio finché non ci sbatto la testa. Alla fine è musica, non devo dimostrare niente. Ho la possibilità di giocarci e di fare quello che voglio. Soprattutto cerco di fare sempre cose nuove e di dire sempre qualcosa di nuovo. Non torno mai sugli stessi argomenti, me li gioco in modo diverso. I testi sono molto importanti per me.

Ti piacerebbe legare sempre una tematica sociale alle tue canzoni?
Più che altro, quando la canzone ha una tematica sociale, mi piacerebbe sfruttarla per tramutarla in fatti. Se poi esco con una canzone da classifica che fa ballare e basta, non devo per forza legarla a un progetto.

Autore:
Andrea Basso
20-03-2019 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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